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  • Bologna 1443-1506
    La città bentivolesca
    Note


Bologna 1443-1506: la città bentivolesca

Nel primo trentennio del XV secolo, la lunetta sopra al portale della Basilica dedicata a San Petronio viene ornata con una statua del Santo Patrono, in atto di presentare il modello di Bologna alla Beata Vergine, suprema protettrice e Signora della Piazza Grande (1).

Niccolò dell’Arca esegue ne l 1478 la grande terracotta della “Madonna di Piazza” (2), voluta da Giovanni II Bentivoglio - guida effettiva del governo bolognese dal 1463 al 1506 - sulla facciata del Palazzo Comunale.

Il ramo Bentivoglio di Giovanni I - Annibale I - Giovanni II promuove la devozione per la Beata Vergine con opere, che rendono esplicito il rapporto stabilito tra benessere urbano e fortuna familiare.

Giovanni I, durante il suo breve governo, aveva ordinato che si consacrasse un’edicola con l’immagine della Madonna, dipinta entro le mura del torrione detto del Baraccano: il 25 febbraio 1402 vi si era celebrata la prima messa. L’anno successivo, morto il Bentivoglio, era divenuta sede di una confraternita laica, fondata per organizzare opere di carità.

Nel 1418, l’edicola viene sostituita da una cappella ottagonale, con una tettoia per dare riparo ai viandanti (3).

Annibale I Bentivoglio, nel 1443, affianca alla Confraternita una Compagnia di Battuti, e costruisce uno Spedale per dare ricovero notturno ai poveri ed ai viaggiatori (4).

Giovanni II sostituisce la cappella con una chiesetta a tre navate e, nel 1472, fa ridipingere da Francesco del Cossa l’immagine, deteriorata, della Vergine.
L’esterno della chiesa viene ornato con statue di Santi, protettori della città: Petronio, Domenico, Francesco e Agricola (5).
Ancora, nel 1497 Giovanni II promuove la ricostruzione dell’ospizio porticato: sulle colonne del portico si alternano capitelli compositi e figurati, con scudi dove compare la sega bentivolesca sola, o inquartata alle onde sforzesche.
La Madonna del Baraccano, come ricorda una lapide all’ingresso della chiesa, difenderà le mura della Bologna bentivolesca per l’ultima volta nel 1512, quando le mine delle truppe spagnole di Giulio II riusciranno ad aprirvi un varco.

L’atteggiamento ufficiale della fazione bentivolesca verso le opere pubbliche e, in particolare, verso i monumenti religiosi è testimoniato dalle opere letterarie: tra esse, la Bononia illustrata di Nicolò Burzio (6), edita a stampa nel 1464, arricchisce i temi della laudatio ducis con quelli della descriptio urbis.

L’autore parmense, venuto a Bologna per compiere gli studi di ritto canonico, si dedica ad interessi culturali marginali rispetto alla professione ecclesiastica, e si specializza in studi musicali e poetici; il suo inserimento nell’ambiente bentivolesco motiva l’abbondante produzione in lode della famiglia egemone (7).

Ne la Bononia illustrata la Città avverte che la descrizione, elogiativa, è stata commissionata da Giovanni II Bentivoglio e prosegue con un monologo, nel quale si chiede quale può essere il motivo dell’interessamento da parte del lettore. Una piacevole curiosità, piuttosto che la noia, può aver spinto il lettore a voler conoscere i numi tutelari e le caratteristiche della Città (8).
Il ritratto della cultura bolognese di fine XV secolo mostra temi consueti: il lettore-visitatore non sente il desiderio di conoscere le imprese di Romani, Cartaginesi, Greci, Troiani, Persiani, Assiri, Medi, Sicabri, Ebroni, Germani.
Non incuriosiscono neppure le vicende dei sapientissimi Re dei Giudei Saul, Davide e Salomone; nè dello spartano Licurgo. Non interessano qui la Spagna, la Gallia, o altre simili nazioni barbare.
Bologna cita, ed esclude, anche Filippo di Macedonia, Alessandro Magno, Dario, Serse, Pirro, Mitridate, Annibale, Asdrubale, Amilcare, Scipione, Cesare, Pompeo, Tolomeo e tutti i personaggi della storia romana; perchè...chi li ignora? Chi non ha letto le loro imprese, dal momento che tutti gli autori noti ne scrissero?
Basti ricordare Livio, Giustino, Orazio, Quinto Curzio, Plinio, Valerio massimo, Svetonio tranquillo.

Poi, l’intenzione dell’opera viene espressa con chiarezza: reputando le imprese locali e contemporanee degne di quelle antiche, sono state scritte per ricordarle.
La Città mostrerà il grande numero di uomini illustri che può vantare in tutte le discipline.Seguiranno l’elenco degli edifici sacri, che conservano molte reliquie, e dei luoghi più interessanti dal punto di vista naturalistico e storico.
Verranno infine ricordate la fazioni cittadine, ed in particolare quella bentivolesca, vincitrice perchè esemplare nell’azione, e protetta dalla divinità.

Bologna si paragona a una nave, recante per albero maestro la Torre Asinelli, e per fiancate le Mura: metafora letteraria che bene si accompagna alle immagini votive della città chiusa, e che tornerà negli apparati effimeri delle feste in Piazza Maggiore (9).

Tra i personaggi cari alla storiografia locale troviamo gli interpreti di diritto canonico, i pontefici ed i cardinali bolognesi, i dottori in entrambi i diritti, in teologia, filosofia, medicina, grammatica; di molti vengono ricordate le sepolture monumentali nelle chiese conventuali di San Francesco e San Domenico.
Compaiono poi gli artigiani, gli orafi, gli intagliatori ed i pittori, trai quali è chiamato Splendido solo Francesco Francia; che viene confrontato, secondo un luogo comune della letteratura artistica, come scultore a Fidia e Prassitele, come pittore a Parrasio di Zeusi e Apollodoro.
Senza dubbio anche Apelle, che secondo la testimonianza di Plinio superò i suoi predecessori, assegnerebbe il titolo di migliore al Francia, che si distingue anche per l’intelligenza acuta, ed il comportamento gentile, dignitoso ed assennato.

Le scuole bolognesi meritano la loro fama, perchè formarono esperti nelle discipline già citate, ed anche astrologi, geometri, aritmetici, musici, cantori, suonatori di cetra ed organisti.

La vocazione universitaria portò Bologna ad essere chiamata Città Madre e Nutrice degli Studi; e che venisse onorata con una moneta aurea impressa con il motto “BONONIA DOCET” (10).

Tra le opere architettoniche consacrate, Bolgna omette le cappelle parrocchiali e gli oratori, perchè, osserva, ci sono ben dodici compagnie di secolari che celebrano i servizi divini in singole festività, e le parrocchie non rivestono un’importanza capitale, come monumenti cittadini.

Seguendo un ordine espositivo dettato dall’importanza degli edifici: dopo la cattefrale vescovile di San Pietro, la basilica di San Petronio, le chiese conventuali di San Domenico e San Francesco, la Città del Burzio descrive il tempio di San Giacomo Maggiore Apostolo; nel quale si trova la ricca cappella Bentivoglio, ornata da Giovanni II con pitture variopinte. Nel convento annesso vivono i frati eremitani agostiniani, dotti in teologia ed esemplari nella condotta, dediti alla preghiera notte e giorno (11).
Nella sezione dedicata ai personaggi illustri, che precede l’elenco delle chiese, il Burzio aveva rimarcato l’importanza delle sepolture monumentali per abbellire la città, e perpetuare il ricordo dei defunti che le ordinarono; ora, riguardo alla cappella funeraria della famiglia egemone, l’importanza delle sepolture viene ampliata dal valore artistico del ciclo figurativo. L’autore non descrive infatti le sepolture di Antongaleazzo e di Annibale I in loco, ma solo gli ornamenti pittorici. Il ciclo interpreta temi letterari tratti da Francesco Petrarca (I Trionfi) e Dante Alighieri (La Divina Commedia); ed episodi della storia greco-romana, con ritratti di personaggi illustri.
Un altro motivo iconografica caratterizza il ciclo: il Tribunale Divino, nel quale Cristo è giudice con il Padre e gli Apostoli, mentre solo la Beata Vergine può intercedere per le anime dei defunti.
Il tema del Tribunale Divino viene sviluppato a partire dal tondo con la Circoncisione, che prefigura in Cristo il Redentore Giudice; nel Giudizio Particolare dell’anima subito dopo la morte corporale; nel Trionfo della Morte; nei lunettoni delle pareti laterali, dove gli apostoli circondano da una parte la Beata Vergine col Bambino, dall’altra una finestra circolare che lascia entrare la luce naturale; e nel Lunettone sopra al presbiterio, dove il Giudizio contro Babilonia rappresenta una visione apocalittica del Giudizio Universale (12).

Tornando alla rassegna dei monumenti bolognesi, al tempio di San Giacomo seguono le chiese e i monasteri entro e fuori le mura; due collegi, nei quali si formarono uomini illustri; e i due ospedali più importanti: quello della Vita, e quello della Morte.

La trattazione delle gesta memorabili del popolo è finalizzata all’ascesa della fazione bentivolesca: dopo la cattura di Re Enzo (capostipite naturale della casata, che deve il nome alla dichiarazione di Enzo all’antenata progenitrice “ben ti voglio”), deceduto per cause naturali e sepolto con onore, sono ricordate le battaglie contro Cervia, Modena e le altre città emiliane, contro i veneti ed i pontefici capitani d’armi.
Viene ricordata come recente la vittoria di Annibale Bentivoglio su Francesco Piccinino ed Alvise dal Verme (13).

La dimostrazione della forza d’animo bolognese nella lotta per conservare la libertà è che le vittorie più importanti sono attribuibili a comandanti locali, e non stranieri.
Dopo la morte di Annibale Bentivoglio, suo figlio Giovanni II viene affidato a Sante, della gens bentivolesca, anche se allevato a Firenze: uomo assennato, dopo la cui morte naturale sale al potere Giovanni II, che sposa la vedova, Ginevra Sforza, esempio di fedeltà.
Dei loro figli vengono citati Annibale II, cavaliere aurato e valoroso combattente a Sarzana, sposo di Lucrezia D’Este; Antongaleazzo, protonotario apostolico, spirito brillante e ricco d’amici; Alessandro, dal viso angelico ed intelligente quanto il padre, sposo di Ippolita di Carlo Sforza; Ermes, simile al padre nel portamento e nelle attitudini militari.
Mostrata l’importanza della qualità trasmesse nel sangue alla discendenza, vengono ricordati i vincoli di parentela, oltre che con i Visconti e gli Sforza, con i Rangoni, i Pio, i Manfredi da cui derivano i Malatesta, I Gonzaga di Mantova, ed altri patrizi bolognesi.

La Città si paragona ancora ad una nave, con l’albero nella torre Asinelli: poi ricorda opere promosse da Giovanni II per il pubblico decoro. Dalle leggere verniciature d’oro e d’argento, per far risplendere l’architettura, fino alle deliberazioni per conservare al governo il Senato.
Ingenti le opere d’ingegneria idraulica, che vanno dai lavori alle cloache alla bonifica delle paludi, alla costruzione del porto di Galliera, inaugurato con un viaggio di Giovanni II in bucintoro fino a Ferrara, il 4 gennaio 1494.

L’autore termina con il ricordare la differenza tra un dittatore ed un buon timoniere, e con poetiche composizioni dedicate ai suoi protettori.




NOTE


1- R.Grandi, Cantiere e maestranze agli inizi della scultura petroniana, in AA.VV., La basilica di San Petronio, Bologna 1983, vol.I, pp.205-209

2-W.Lotz, I simboli religiosi e del potere, in AA.VV., La piazza maggiore di Bologna, Bologna 1984, pp.129-131

3- AA.VV., Cenni di storia, tradizione ed arte della Chiesa e dell’Immagine della Madonna del Baraccano in Bologna, Bologna 1984, pp.3-5

4- G.Nadi, Diario bolognese 1418-1504, ed.C.Ricci e A.Bacchi della Lega, Bologna 1886, pag.22

5- Il quadriportico antistante la chiesa viene aggiunto, ornato dalle statue, per volontà del protonotario Antongaleazzo, secondogenito di Giovanni II e Ginevra.
C.Ricci e G.Zucchini, Guida di Bologna, Bologna 1930, ed.A.Emiliani, Bologna 1968, pag.54

6- Nicolò Burzio nasce da famiglia nobile, a Parma.
Verso il 1472 si trasferisce a Bologna, dove si ferma fino al novembre 1506, quando Papa Giulio II caccia i Bentivoglio. Resterà a Parma, come rettore dell’oratorio di San Pietro in Vincoli, fino alla morte, tra 1518 e 1528.
G. Ballistrieri, Burzio (Burtius, Burzi, Burci) Nicolò, in Dizionario biografico degli italiani, Roma 1972, vol.15, pp.469-471

7-F.Pezzarossa, Un profilo quattrocentesco dello Studio bolognese, in “Studi e Memorie per la Storia dell’Università di Bologna”, Nuova Serie, vol.III, Bologna 1983, pag.108

8- N.Burzio, Bononia Illustrata, Plato de Benedictis, Bononia 1494, esemplare appartenuto a Ulisse Aldrovandi, ora alla B.C.Bo, 16.Q.III.18; citato in Pezzarossa, op.cit., pp.107, 109, 110

9- F.Zanasi, Un teatro per ogni rappresentazione, in AA.VV., La piazza maggiore di Bologna, Bologna 1984, pag.193

10- Dopo la rivolta del 1375 di Bologna contro lo Stato della Chiesa, un accordo con la Santa Sede concesse il rinnovo degli Statuti del Comune e della Società delle Arti. Dal 1380 iniziò la coniazione di monete d’oro, secondo la lega del ducato veneziano, con la scritta “BONONIA DOCET”.
G.Fasoli, Bologna nell’età medievale (1115-1506), in AA.VV., Storia di Bologna, Bologna 1977, pag.181

11- vedi appendice storico-letteraria

12- Ringrazio Heinrich Pfeiffer, professore della Pontificia Università Gregoriana di Roma, per l’assistenza concessami, nell’affrontare il tema del Giudizio, Particolare ed Universale, non rilevato dai precedenti studi sulla Cappella Bentivoglio in San Giacomo Maggiore.

13- La vittoria del 14 agosto 1443 a San Giorgio di Piano libera Bologna dal presidio visconteo, e rafforza il potere di Annibale I Bentivoglio. Egli consentirà il rimpatrio di avversari come i Canetoli; non cambierà la formula del governo oligarchico; si assicurerà redditi come la tassa per tutelare gli ebrei, e il dazio sulle Carteselle (ovvero sulla registrazione di tutti i contratti); redditi che, da saltuari, Giovanni II otterrà di trasformare in vitalizi, e trasmissibili in eredità.
F.Bocchi, Il patrimonio bentivolesco alla metà del Quattrocento, Bologna 1970, pp.109,110





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